0

Il tuo carrello

Il tuo carrello è vuoto

Prodotti: 0
Totale prodotti: € 0,00

Vai al carrello

Latte e formaggi di montagna

13/03/2020

Studi hanno dimostrato come il latte di mucche al pascolo, o di animali che vengono alimentati con essenze fresche o fieni locali sia di una qualità più elevata rispetto a quello di animali allevati in stalla in modo convenzionale (Christa B. Hauswirth et al., 2003). Proprio sulla base di queste ricerche la Comunità Europea con il Reg.1151 del 2012 ha dato la possibilità di fregiarsi di una dicitura specifica per i prodotti di questo tipo: ottenuti con materia prima provenienti essenzialmente da aree montane e il cui processo di trasformazione avviene nelle suddette aree, individuate dall’art.18 del Reg. CE 1257/99.
Tutto ciò contribuisce a favorire la conoscenza e la diffusione delle straordinarie specificità della montagna ad un sempre più vasto pubblico, ma può anche gettare le basi per un aiuto concreto alla permanenza di queste popolazioni che con le loro tradizioni portano avanti una vera e propria attività di eccellenza.
Questo legame tra prodotto caseario e territorio è reso possibile grazie all’alimentazione delle vacche e nello specifico con il foraggio, la cui qualità ed estrema ricchezza varietale incidono in maniera determinate sulle proprietà nutrizionali ed organolettiche dei prodotti caseari stessi.
Studi effettuati su formaggi di montagna hanno consentito di individuare molecole trasferite dal latte nel formaggio proprio dalle diverse varietà di erbe che costituiscono la dieta degli animali. Di pari passo, è stato anche dimostrato che, in maniera indiretta, proprio le caratteristiche particolari dell’allevamento di montagna influenzano la produzione di determinate molecole rispetto ad altre. Studi sulla frazione volatile hanno permesso di determinare quali fossero le molecole responsabili del ricco aroma di questi prodotti unici.
Tra le tante i maggiori responsabili sono i terpeni (Viallon et al., 2000; Claps et al., 2011). Non sono altro che metaboliti secondari di alcune dicotiledoni che, pur essendo molto variegata come famiglia di composti, presentano un elemento in comune, ovvero due o più unità a cinque atomi di carbonio, dette unità isopreniche. Quindi molecole a base terpenica sono tipiche di latti di montagna mentre latti più comuni, definibili “di pianura”, sono ricchi di composti quali acetone e 2-butanone derivanti da specie vegetali che compongono la dieta tipica degli allevamenti intensivi (erba medica, mais, etc.). La valutazione del profilo aromatico dei formaggi è più complessa in quando i costituenti derivano principalmente da processi biochimici ad opera di enzimi e microrganismi durante la maturazione. Qui i terpeni sono più difficili da individuare perché quantitativamente minoritari rispetto al complesso dei componenti volatili ma anche qui testimoniano un’alimentazione tipica dei pascoli montani (Favaro et al., 2005; De Noni et al., 2008; Panseri et al., 2008; Revello Chion et al., 2010; Belviso et al., 2011).

Il pascolo alpino estivo agisce positivamente anche sul profilo degli acidi grassi: aumentano gli insaturi (da 29 a 34% circa) e il rapporto saturi/insaturi diminuisce da 2,5 a 1,8. Aumentano inoltre una particolare categoria di acidi grassi insaturi in configurazione trans prodotti dai processi di bioidrogenazione e desaturazione che avvengono nell’apparato digerente dei ruminanti, e non hanno nulla a che vedere con gli acidi trans derivati da lavorazioni industriali di oli (Wang et al., 2012). L’isomero trans più rappresentato è l’acido vaccenico (C18:1 trans-11). Questo tipo di alimentazione determina anche un aumento dei CLA (isomeri dell’acido linoleico tra cui il più importante è l’acido rumenico), con concentrazioni anche 4 o 5 volte superiori rispetto al latte degli allevamenti intensivi. A questi composti sono riconosciute proprietà benefiche specialmente nel contrastare cancerogenesi, diabete e l’aterogenesi (Kelley et al., 2007; Martin and Valeille, 2002). L’acido vaccenico non è altro che un intermedio nella formazione dei CLA e questo spiega la proporzionalità di concentrazione tra questo e gli acidi coniugati.
Tutto questo processo si ritiene sia dovuto al maggior contenuto di acido linolenico del foraggio di montagna e anche ad un incremento del processo di biodrogenazione ruminale, alla base di tutte queste molecole, stimolato dalla presenza di metaboliti secondari delle piante (Collomb et al., 2002).
Studi più recenti hanno scoperto che correlata all’alimentazione con foraggio fresco da parte degli animali c’è anche una modificazione della frazione idrocarburica dei prodotti caseari. Nello specifico aumenta la concentrazione in fiteni (1-fitene, 2-fitene e neofitene) nei prodotti di montagna rispetto a quelli ottenuti da animali alimentati convenzionalmente ad unifeed (Povolo et al., 2009)
Queste ricerche possono aiutare a stabilire parametri quantitativi i cui limiti caratteristici siano idonei alla definizione di una regolamentazione per la tutela di questi prodotti unici all’interno del panorama aroalimentare nazionale e mondiale.